Nella puntata “In una Casa, cent’anni d’Italia”, nel passaggio dalla stagione dello stragismo nero a quello delle BR, si sentono le prima strofe della canzone “Non è finita a Piazza Loreto” di Fausto Amodei.
Ma no che non é finita
piazza Loreto
si é vinta una battaglia
ma non la guerra
perché il taglio di una pianta
non é completo
finché le radici restano
sotto terra.
Se vuoi togliere sul serio
anche la radice
rivolta tutto il terreno
senza paura
non basta voltar la crosta
e la superficie
ma devi volere proprio
cambiar cultura.
Se non cambi la cultura,
se non fai presto
a togliere la radice
ma tutta quanta,
ti trovi ad avere fatto
solo un innesto
sul quale si riproduce
la mala pianta.
Non basta cambiar concime,
cambiar letame
perché quella nuova pianta
nasca diversa
finché le radici restano
quelle grame
é solo materia prima
che viene persa.
La pianta, che cresca poco,
che cresca molto,
estirpala prima che sia
cresciuta ancora;
é meglio perdere un anno
tutto il raccolto
piuttosto che tutto il campo
vada in malora.
Estirpa la mala pianta,
ma tutta intera
perché non produca seme
e non faccia frutto
quel frutto che fa venire
la peste nera
quel seme che da soltanto
la morte e il lutto.
Non basta stare a contare
le nostre medaglie
ricordo dei nostri morti
caduti allora;
bisogna affrontare tante
nuove battaglie
per togliere il marcio che
ci avvelena ancora.
Quel marcio che ci avvelena
città e officina,
famiglia, caserma, scuola
e tribunale
quel marcio che può di nuov
portar rovina
che può fare andare il nuovo
raccolto a male.
Fascismo é questo marcio
che ci ricatta
che cambia colore ma resta
sempre quello,
che sopra l’orbace ha messo
la cravatta
e che chiama sfollagente
il manganello.
Gli sbirri fascisti ancora
sono protetti
da quei vecchi protettori,
sempre da quelli
che un tempo gli han fatto
uccidere Gobetti
e adesso gli fanno uccidere
Pinelli.
E quei vecchi protettori
son parassiti
Che cambiano il vino buono
tutto in aceto
ma noi gli dobbiam gridare
più forte e uniti
che non ci può più bastare
piazza Loreto.
Oggi pubblico un’intervista con l’autore, famoso cantautore di canzoni impegnate e “metrica militante” sin dagli anni ’50.
Amodei, classe ’34, nel 1958 fonda il gruppo Cantacronache, insieme ad altri cantautori piemontesi, con l’obbiettivo di scrivere canzoni che trattano di attualità e politica. È di questo periodo, ad esempio, “La Zolfara” interpretata poi anche da Ornella Vanoni o “Qualcosa da aspettare” cantata qualche anno dopo anche da Enzo Jannacci.
Negli anni 60 inizia a collaborare con il Nuovo Canzoniere Italiano. Il gruppo milanese, partendo dallo studio della canzone popolare italiana, vuole narrare le vicende storiche dal punto di vista del popolo. Famosa la loro interpretazione di Bella Ciao.
Di questo periodo è anche “Per i morti di Reggio Emilia”, poi reinterpretata, tra gli altri, anche da Milva e dai Modena City Ramblers e ancora oggi spesso eseguita in occasione di manifestazioni studentesche e non solo.
La carriera di Amodei è lunghissima e non si ferma: poche settimane fa ha presentato al Premio Tenco a Sanremo il suo ultimo progetto di traduzione in italiano e dialetto piemontese delle opere musicali di Georges Brassens. Su YouTube si trovano anche i video delle sue interpretazioni delle musiche del cantautore francese.
Online anche molte interviste, ve ne segnalo una che ho trovato interessante.
Buona visione!
Una bella memoria che aiuta a guardare con fiducia al futuro.